Lo Chef Matteo Baronetto e la sua altissima cucina

Lo Chef Matteo Baronetto parteciperà all'edizione 2018 di Good France il 21 marzo: "Per noi è sempre un piacere ricordare la vicinanza alla cucina francese. Quest’anno abbiamo pensato di rendere un po’ più vivace la nostra proposta organizzando la serata dedicata a Gout de France al “Tavolo della Cantina”, il nuovo spazio di Del Cambio collocato nelle fondamenta storiche e spirituali del ristorante, e ponendo particolare attenzione alla proposta di wine pairing. Il nostro modo di brindare alla Francia".

Il Ristorante Del Cambio

Dal 1757

Il Caffè Del Cambio debutta con questo nome il 5 ottobre del 1757. A quella data risale infatti la costruzione dell’edificio con due corpi laterali avanzati che chiude la piazza, adiacente al preesistente Teatro, che diventerà poi il Carignano.
Sul nome del locale, la storia e la leggenda tramandano diverse spiegazioni. Il "cambio" poteva essere quello dei cavalli di posta dei viaggiatori in transito da e verso Parigi, che usavano sostare in quella zona.
Oppure il cambio della moneta, visto che la piazza era ritrovo della "gente d’affari e di commercio" e che, secondo alcuni storici, il caffè ospitava "la borsa dei negozianti". Dina Rebaudengo, memorialista della vecchia Torino, sostiene invece che il nome sia ispirato al "Consolato de’ Cambi, Negozi ed Arti in Torino", al quale faceva capo l’Università dei confettieri e distillatori d’acquavite.
Quel che è certo è che Del Cambio non è un posto come gli altri. Nel suo libro d’oro ci sono le firme di principi e principesse, di artisti e capitani d’industria, di liberali e conservatori, di maestri della letteratura e della musica. Di straordinaria capacità evocativa è la Sala Risorgimento, il salone aulico dov’era solito pranzare il conte Camillo Benso di Cavour, il principale artefice dell’Unità d’Italia. È facile ancora adesso immaginarvi i commensali più noti che si sono avvicendati nei decenni: dal seduttore Giacomo Casanova a Wolfgang Amadeus Mozart, da Carlo Goldoni a Honoré de Balzac, a Friedrich Nietzsche. Un habitué nel Novecento era Mario Soldati, il grande scrittore e regista che ha immortalato il "Cambio" in una delle puntate del suo memorabile "Viaggio nella Valle del Po" realizzato per la RAI negli anni Cinquanta. Non mancano naturalmente le vestali della seduzione: come Paolina Borghese o la fascinosa Contessa di Castiglione, fino alle dive e alle divine del 900: Eleonora Duse, Maria Callas, Audrey Hepburn. Senza dimenticare gli uomini di Stato che "fecero l’Italia” e i pionieri dell’industria italiana, a cominciare da quella dell’automobile impersonata dalla dinastia Agnelli.
Arte, genio e grande storia, insomma, abbondano. Perché questo posto, dove sono di casa l’Europa e il mondo, non è davvero un posto come gli altri.

Del Cambio oggi

Memoria, stile, innovazione: è questo oggi il significato di Del Cambio.
Questo concept, concretamente, è tradotto e reso fruibile tramite spazi storicamente autentici come la Sala Risorgimento, con i suoi affreschi datati 1875, e intellettualmente coesi con imponenti site - specific artistici contemporanei.
Una sfida, una commistione di eleganza e intramontabile fascino: un dialogo, intessuto di preziosismi, un omaggio alla sensibilità torinese in tutta la sua raffinatezza. Il mondo di Del Cambio è un viaggio che trascende i limiti del tempo e della Storia stessa a favore di un senso filologico della contemporaneità.
La sala Risorgimento è la più celebre, antica e forse anche rappresentativa del ristorante Del Cambio. Nel massimo rispetto dell’integrità del luogo ogni elemento è stato ripulito e ripristinato: affreschi, mobili e arredi d’epoca, specchi, boiserie e lampadari ci catapultano, appena entrati, in un’epoca lontana.
Parallela alla Sala Risorgimento, la Sala Pistoletto, intitolata all’artista che ne anima l’architettura, ci accoglie con la straordinaria opera “Evento”. Composta da 8 grandi lastre specchianti, “Evento” ritrae “persone normali della vita che osservano un avvenimento non manifesto nell’opera, ed entrano idealmente in comunicazione con il pubblico presente”. In questa sala, si trovano anche poltroncine e tavoli studiati e realizzati ad hoc dal designer Martino Gamper.
La raffinata mise-en-place è oggi impreziosita dalla serie di piatti “Ruins for Del Cambio”, prodotti dall’artista israeliano Izhar Patkin in collaborazione con la celebre manifattura francese di porcellane di Sèvres. Un progetto unico: 200 piatti "scartati" dalla fabbrica perché leggermente difettosi sono stati personalizzati a mano dall’artista con un richiamo al nome del ristorante e alla sua storia.
Il resto dell’arredo dei tavoli – dai tessuti alle porcellane, ai cristalli, all’argenteria – è costituito da pezzi d’epoca, o comunque ispirati al gusto classico e alla storia del ristorante.

Lo Chef

Matteo Baronetto, classe 1977, è originario di Giaveno, alle porte di Torino. Matura le sue prime esperienze professionali presso La Betulla di San Bernardino di Trana (To). Approda poi alla corte di Marchesi all’Albereta di Erbusco, dove ha modo di conoscere Carlo Cracco. Segue quest’ultimo al ristorante Le Clivie di Piobesi d’Alba, e poi a Milano, al Cracco-Peck, oggi Ristorante Cracco, del quale negli ultimi anni ha firmato il menù, che vanta due stelle Michelin.
Ritorna a Torino ad aprile 2014, data della riapertura del ristorante, diventandone lo chef. È un ritorno in quanto proprio dalle storiche cucine del ristorante di Piazza Carignano Matteo aveva mosso i primi passi delle sua carriera facendo uno stage. Le cucine però non sono più le stesse: Baronetto e l’azienda francese Matinox hanno realizzato oggi uno spazio di lavoro all’avanguardia. Disegnato su misura e costruito interamente a mano, mette la robustezza dei materiali e la cura dei dettagli al servizio della cucina contemporanea. Uno spazio di grande impatto visivo, oltre che funzionale.
Baronetto descrive il suo modo di lavorare come “improvvisazione ragionata”: un esercizio costante di equilibrio fra intuito e riflessione, estro e talento nell’esecuzione.
Al “Cambio” la sua cucina si declina con rispetto del luogo, della storia, e dei gusti della clientela di ieri e di oggi. Le sue radici piemontesi – che mai hanno smesso di influenzarlo – lo guidano alla ricoperta della tradizione, mentre una tecnica solidissima, congiunta a sorprendenti intuizioni creative, lo conducono a realizzare piatti difficilmente etichettabili.
La sua ambizione, in un luogo così carico di storia, è creare, anche ai fornelli, “qualcosa che duri nel tempo”.