Jean Blaise, un visionario a Nantes

Ha inventato la Notte Bianca e ha trasformato Nantes in una delle grandi destinazioni culturali della Francia. Incontro con Jean Blaise, il Direttore del Voyage à Nantes, il Viaggio a Nantes.

Jean Blaise, la definiscono “reenchanteur de ville”: uno che sa dare un nuovo fascino incantatore alle città - Nantes, Le Havre… In che senso la città può/ deve essere reinventata?
La città naturalmente esiste, con la sua architettura, i monumenti, il patrimonio. Tuttavia penso che debba essere continuamente “rianimata”. È come una persona viva, non è solo uno spazio da attraversare, è uno spazio da vivere. Gli artisti sono le persone giuste per farla scoprire sotto un nuovo aspetto, renderla allegra, vivace, desiderabile. Introdurre dei creativi nella città vuol dire far emergere il suo fascino. È quello che ho cercato di fare a Nantes e Le Havre affidando ad artisti l’interpretazione e la rivelazione della città. Perché quando si abita in un luogo da molto tempo, non lo si vede più. E si hanno poche occasioni per cambiare percorsi, essere sorpresi da prospettive diverse, da nuovi paesaggi. Gli artisti sono lì per questo.
Lei è stato fra l’altro l’iniziatore delle Notti Bianche... uno spirito che continua a rimanere attuale anche oggi. Qual è il loro segreto?
Per la prima edizione della Notte Bianca a Parigi (2000) il progetto era lo stesso ma tutto durava 12 ore. La notte è il tempo del segreto e dei misteri… L’evento permetteva di rimettere in scena la capitale e offrire ai parigini un nuovo modo di vedere la città, di moltiplicare nuovi incontri. La Notte Bianca è stata un successo perché è stata un invito a viaggiare nella propria città. Fra l’altro Bertrand Delanoë, all’epoca da poco eletto sindaco, voleva dimostrare come Parigi avesse di nuovo una dimensione artistica internazionale. Dopo essere stata in parte superata da New York e Londra, tornava ad essere la città degli artisti e a riprendere il suo ruolo di città creativa.
La creatività è dunque la chiave per riscoprire le città?
Sì, assolutamente. Un artista offre il suo sguardo, il suo modo di interpretare la città. È sempre un passo avanti. Questo gli permette di vedere quello che noi non vediamo, di vedere oltre. E questa specie di visione gli artisti la condividono, ce la offrono, e noi ne approfittiamo. È una visione spesso provocatoria, spesso aggressiva, ma questo è l’obiettivo! Il fatto di essere colpiti, magari anche disturbati da un’interpretazione artistica è un buon segno. Prova la capacità di ognuno di noi d’interrogarsi, di sognare. È esattamente il ruolo dell’arte rimettere tutto in discussione e trasformare tutto. Per me è un vero piacere essere provocato da un’opera. La provocazione di un’opera è un buon segno anche da un punto di vista collettivo: una città creativa è una città viva!
Quando si va in giro per Nantes si incrocia un’opera bizzarra, come l’enorme metro a nastro di Lilian Bourgeat, uno spazio di gioco singolare con al centro il drago di Kinya Maruyama, insegne curiose, un’installazione sorprendente e mai realizzata altrove come i 18 anelli di Daniel Buren e Patrick Bouchain. È il segno di una città inventiva, creativa e dunque intelligente. Spesso durante le conferenze che tengo in Francia e all’estero, faccio sorridere il pubblico dichiarando volutamente che Nantes è una città brutta… Ma aggiungo subito che è intelligente ed è questo che conta! Brutta perché è stata in parte distrutta dagli interventi dell’uomo nel corso della sua storia contemporanea (i bracci della Loira colmati, i bombardamenti…). Intelligente perché è creativa, ha il senso dell’umorismo e della leggerezza!
L’arte nello spazio pubblico, l’arte che esce dai musei e invade le città è un progetto pop e cool esportabile ovunque o un marchio esclusivo di Nantes?
Sì, il principio è esportabile ovunque. Tutte le città dovrebbero attuarlo, ma non crea lo stesso risultato ovunque. Quando ho preparato la prima edizione di un Eté au Havre (Un’estate a Le Havre, 2017), naturalmente ho applicato lo stesso metodo: introdurre gli artisti per reinterpretare la città. Ma l’approccio è stato diverso. E i progetti artistici del tutto diversi da quelli realizzati a Nantes. Così le due città hanno imposto il proprio modo di essere, la propria forma, le proprie dimensioni. Quando infatti invito un artista a intervenire in una città o su un altro territorio (per esempio per l’Estuaire Nantes<>Saint-Nazaire), gli chiedo di lavorare in-situ e quindi di interpretare una situazione precisa in un preciso contesto. Quando alcune città vengono a visitare Nantes per studiare il nostro metodo, le dissuado dal fare come noi. Le invito ad adottare forse il nostro spirito ma soprattutto a non fare come noi.

Gli artisti che ha coinvolto nel Viaggio a Nantes (VAN) hanno trasformato la città: possiamo dire che l’arte urbana può/deve essere pop, sorprendente e divertente? Un modo di ritrovare un nuovo piacere décontracté di vivere in città?
Assolutamente, è proprio così! Creare piacere per me è molto importante. Voglio sottolineare che stiamo assistendo alla diffusione di nuove pratiche nella città che ne trasformano la fruizione. La città è sempre più verde, esclude sempre di più le auto, si offre sempre di più a tutti i suoi abitanti. Che nella città vanno a spasso, si rilassano, si divertono. È straordinario, la città diventa un giardino collettivo. Ma soprattutto non deve escludere, ma coinvolgere tutti. E ognuno è responsabile del buon funzionamento dello spazio pubblico.
Il Viaggio a Nantes è un progetto destinato a continuare? Come si rinnova ogni anno?
Il VAN continuerà perché dà dei risultati. È stato creato per rafforzare l’attrattività delle città e penso di poter dire che ci è riuscito. Le cifre lo confermano: + 77% di pernottamenti estivi dal 2011.
Ma oggi bisogna andare oltre, bisogna sempre andare oltre e mai fermarsi. I progetti sono interessanti solo se continuano e si trasformano. È per questo che i miei collaboratori ed io lavoriamo su nuovi rami di cui il Voyage à Nantes sarà il tronco. Il primo raggiunge Saint-Nazaire seguendo la Loira. Si tratta del museo a cielo aperto Estuaire Nantes <>Saint-Nazaire. Il secondo ramo si estende verso i vigneti perché anche il vino di Nantes (e in particolare il Muscadet) è un elemento di attrattività della città. E infine il terzo ramo, la Traversata moderna di un paese antico/Traversée Moderne d’un vieux pays, si collega a Mont Saint-Michel attraversando la Bretagna passando per Rennes e Saint-Malo. Sarà inaugurato proprio questa primavera 2018. La motivazione è semplice. L’attrattività di Nantes non è sufficiente perché la destinazione abbia risonanza a livello internazionale su Paesi lontani (Cina, Giappone, Canada). Ci è sembrato quindi giusto unirci a un polo di attrattività internazionale vicino geograficamente e culturalmente a Nantes. Abbiamo scelto Mont Saint-Michel, punto forte di quel grande territorio che si chiama Bretagna. E anche se non si tratta della Bretagna dal punto di vista amministrativo (Mont Saint-Michel si trova in Normandia, mentre Nantes fa parte della regione Pays de la Loire) – è una scelta coerente, visto che Nantes, storicamente è la Città dei Duchi di Bretagna, e spesso oggi è indicata come facente parte del Sud della Bretagna (basta vedere il taglio delle guide turistiche) e Mont Saint-Michel viene considerato la porta della Bretagna del Nord. Fra l’altro in questi territori i paesaggi sono simili e possono riconoscersi. Abbiamo immaginato questo percorso sullo stesso principio del Voyage à Nantes. Ci sono paesaggi, emergenze patrimoniali, monumenti che vogliamo presentare in modo nuovo, più contemporaneo, un po’ insolito. Così per certi luoghi chiediamo ad artisti, designer, architetti di venire a stimolare un paesaggio, un monumento. Si tratta di suscitare la curiosità di turisti nazionali e internazionali proponendo un approccio singolare, per esempio arrivare a Mont Saint-Michel seguendo la costa (vista imperdibile sul paesaggio di terra e d’acqua della baia), al crepuscolo, quando l’abbazia è illuminata.
Altri progetti futuri?
Proseguire con il Voyage à Nantes, i progetti che ho appena indicato, e crearne altri. Che vuol dire rinnovare, rilanciare continuamente la nostra azione. All’interno dei grandi assi di intervento abbiamo altri importanti progetti che sono complessi e difficili da portare avanti. Si tratta sempre di progetti sul territorio per i quali dobbiamo convincere chi ci vive. È impossibile intervenire sullo spazio pubblico senza impegnarsi in discussioni su un buon numero di operatori locali. È un lavoro enorme e intenso! Realizzare un’opera insolita, audace, richiede un grande lavoro di persuasione e negoziazione. Perché la proposta di un artista sarà sempre per definizione un po’ “disturbante”. Ma ormai a Nantes ci sappiamo fare! In tre decenni l’arte si è democratizzata e la tolleranza verso la cultura è diventata la caratteristica della città.
Perché secondo lei la Francia possiede un particolare savoirfaire nella creazione di eventi?
Credo perché è in Francia che, per André Malraux (1959), è stato creato, per la prima volta nel mondo, un Ministero della cultura (più precisamente si trattava di un Ministero di Stato per gli Affari Culturali). La Francia l’ha creato perché considerava la cultura altrettanto importante degli Affari Sociali, dell'Economia, della Difesa… in un’epoca in cui si pensava che la cultura fosse solo marginale nell’amministrazione di un Paese. Quando Malraux ha aperto le Maisons de la Culture, ne ha pensata una per dipartimento e ha tracciato così un progetto di decentralizzazione. Da quel momento in poi la cultura era possibile anche in provincia e non solo a Parigi! E non restava appannaggio solo dei grandi musei nazionali. È stato un grande passo avanti. Tra l’altro, Malraux ha voluto le Maisons pluridisciplinari, aperte a tutte le iniziative creative. Più tardi, si sono trasformate e sono state accaparrate dal mondo del teatro per diventare teatri. Ma in partenza erano assai più aperte di oggi. La Francia ha questa storia, quest'esperienza nella creazione di un tessuto culturale su tutto il territorio. Tutto questo ha favorito l’emergere di una rete di artisti e l’accoglienza di artisti stranieri che non trovavano modo di esprimersi nel proprio Paese .Una dinamica che è stata fondamentale e che deve essere mantenuta. La Francia ha acquisito così un savoir-faire nel settore della cultura che fa sì che senza dubbio sappia inventare eventi, popolari e culturali.

Identikit di Jean Blaise

Nato nel 1951 ad Algeri, Jean Blaise trascorre l’infanzia nella banlieue parigina, a Ris-Orangis. Studia lettere moderne a Bordeaux e si occupa subito di cultura. Nel 1976, appena laureato, diventa direttore del Centro Culturale di Saint-Médard-en-Jalles, e negli anni seguenti occupa diversi posti di responsabilità, in diverse regioni francesi continentali e d’Oltremare, come la Guadalupa. Ma è a Nantes che la sua creatività si esprime appieno. Nel 1982, crea la Maison de la Culture de Nantes, due anni dopo è direttore del Centro di Ricerca per lo Sviluppo Culturale di Nantes e fra il 1990 e il 1997 dà vita a grandi eventi, come il Festival Allumés e il Festival Fin de siècle che riaccendono la vita culturale della città. Nel 2000, crea nell’ex fabbrica di biscotti LU, il Lieu Unique, 8.000 mq votati a tutte le discipline artistiche. Nel 2002 è il direttore artistico di un evento che ha segnato una tappa decisiva in tutta l’Europa: la 1a Notte Bianca, a Parigi. Nel 2007 organizza l'Estuaire Nantes <> Saint-Nazaire,, grande progetto d’arte contemporanea lungo l’estuario della Loira, quindi Le Voyage à Nantes, un concetto innovativo, l’arte che rivoluziona la città, in un percorso fra elementi del patrimonio storico rivalorizzati da installazioni d’arte contemporanea. Nel 2017 ha curato il progetto Un’estate a Le Havre per i 500 anni della città. A Nantes Blaise ha chiamato i più grandi artisti - Daniel Buren, Claude Lévêque, Fabrice Hybert, Pierrick Sorin... - designer che hanno creato un nuovo arredo urbano, trasformato negozi in location di opere d’arte… E - come ci ha raccontato nell’intervista - il Viaggio continua...